Posizione dell’Odontoiatra rispetto la Medicina Estetica dopo le Determine AIFA. Il punto del dott. Spatafora

La Medicina Estetica non è invece, ad oggi, una branca autonoma de iure; sebbene corsi estremamente seri (uno fra tutti: il corso quadriennale organizzato da Agorà, Milano) la rendano tale de facto. Il presupposto teorico all’esercizio ed alla somministrazione dei trattamenti di Medicina Estetica è definizione di salute propugnata dalla WHO (“Health is a state of complete physical, mental and social well-being and not merely the absence of disease or infirmity“.[1]
Poiché quindi la Medicina Estetica assume un valore terapeutico e non solo cosmetico, e poiché l’Odontoiatra è Medico, è da tempo apparso evidente che limitarne l’azione – seppur in questo ambito così specifico – non ha alcun valore giuridico. In questo senso si sono ripetuti interventi, quali quello dell’Avv. Federica Lerro del 2008, la quale – in nome e per conto di SIES – ha chiesto al Ministero della Salute (Direzione Nazionale dei Farmaci e dei Dispositivi medici) “parere circa la possibilità per i laureati in Odontoiatria, abilitati all’esercizio della professione, di utilizzare i dispositivi medici immessi in commercio, al fine terapeutico di coadiuvare la cura delle zone anatomicamente devolute al sanitario odontoiatra dalla Legge nr. 409/1985”; non si ricevette alcuna risposta.
A partire da tale data, si sono susseguiti alcuni pareri della FNOMCeO, a firma dott. Giuseppe Renzo, il più noto dei quali è quello indirizzato al dott. Ulmi, Presidente CAO di Grosseto, del 17/06/2010, parere nel quale si sostiene ampiamente la competenza dell’Odontoiatra ad interventi in questi ambiti.
ANDI nazionale, a partire dal 2011, ha istituito un gruppo di studio in merito; il risultato più significativo del lavoro è stato il documento noto come Position Statement, firmato il 26 marzo 2014 dal dott. Gianfranco Prada per ANDI – da un lato – e dai tre Presidenti di Agorà, SIES e SIME dall’altro (i D.ri Massironi, Priori, Tomaselli); le tre società che insieme formano il Collegio Italiano delle Società scientifiche di Medicina Estetica (CIME). Oltre ad avere un elevato valore seppur in ambito solo sindacale e scientifico, il documento è estremamente sensato e razionale; infatti, a fronte del riconoscimento – da parte dei rappresentanti scientifici dei Medici estetici di formazione medico-chirurgica – della legittimità dell’operato dell’Odontoiatra nell’ambito della Medicina Estetica, si riconosceva come gold standard la collaborazione con un Medico Estetico nell’ambito delle riabilitazioni dell’area di competenza odontoiatrica.
A seguito però di una segnalazione dell’Ordine di Roma venne redatto (15 luglio 2014) il Parere del Consiglio Superiore di Sanità, Consiglio investito dal Ministero della Salute dell’incarico di far chiarezza sulla liceità e sui limiti dell’operato del Laureato in Odontoiatria e Protesi Dentaria nel campo specifico della Medicina Estetica; questo documento ha generato purtroppo poche certezze ed anche una certa confusione; confusione che in alcuni casi parrebbe strumentale alla limitazione della legittimità della Professione odontoiatrica.
Il dato di fatto fondamentale è che il CSS è favorevole all’esercizio della Medicina Estetica da parte dell’Odontoiatra, ma individua alcune limitazioni; in estrema sintesi, si è passati dal discutere del “se” sia lecita tale branca della attività professionale al “come” lo sia.
Detto Parere contiene infatti alcune criticità, evidenziate dalla risposta pressoché corale della Professione sintetizzata nel Documento conclusivo della Consensus Conference di Villafranca di Verona del 17 aprile 2015; per brevità le riassumo in tre punti.
La prima criticità riguarda la limitazione dei trattamenti ammessi ai soli casi nei quali il piano terapeutico sia un “protocollo di cura odontoiatrica ampio e completo”, senza però stabilire cosa voglia dire tale espressione; e ciò sarà oggetto di una mia comunicazione tramite poster alla prima sessione possibile di corso aggiornamento ProOF; ritengo infatti poco gestibile una espressione così vaga che contenga anche il preciso cut-off tra i piani di cura da considerare ampi e completi e quelli che non hanno tale caratteristica.
La seconda riguarda la limitazione topografica esplicita alla “zona labiale”, così contraddicendo lo spirito e la lettera della 409/85, così come riportatat all’inizio.
La terza ed ultima riguarda il divieto di “impiego di dispositivi medici e farmaci immessi in commercio per finalità diverse dalla cura di zone anatomiche sfuggono alle previsioni dell’art. 2 della Legge 409/85”, ma sembrerebbe infine esser stata implicitamente superata dalle recentissime Determine AIFA n. 241 e 414 del marzo 2017. In queste, infatti, l’Agenzia Italiana del Farmaco prende atto che anche lo Specialista in Odontoiatria e l’Odontoiatra possono lecitamente utilizzare un farmaco “USPL”, cioè il cui uso è “… soggetto a prescrizione medica limitativa, utilizzabile esclusivamente dallo specialista … ” (la dizione discende dal D/lgs 539 del 30 dicembre 1992 “Attuazione della direttiva 92/26/CEE riguardante la classificazione nella fornitura dei medicinali per uso umano”). Le due Determine, della quali la seconda integra e corregge la prima, prevedono appunto che, nel suo campo di competenza, l’Odontoiatra possa lecitamente utilizzare farmaci a base di neurotossina botulinica tipo A (NTBa). I farmaci cui si fa riferimento sono però Botox, Dysport, Xeomin i quali – si badi bene – non hanno indicazioni in Medicina Estetica, bensì in patologie (come spasmo emifacciale e distonie focali associate) di altra natura.
Il cuore implicito delle Determine diventa quindi non già la ammissione della liceità di uso da parte dell’Odontoiatra dei farmaci a base di NTBa finalizzati alle terapie di Medicina Estetica (che sono Vistabex, Azzalure, Bocouture), bensì il superamento della terza criticità del Parere CSS, che escludendo ” … l’impiego di dispositivi medici etc. … ” contraddice lo spirito di detta Legge ed anche lo spirito e la lettera dell’art 3 della Legge 94/98 “Conversione in legge, con modificazioni, del Decreto-legge 17 febbraio 1998, n. 23, recante disposizioni urgenti in materia di sperimentazioni cliniche in campo oncologico e altre misure in materia sanitaria” che regola le somministrazioni di farmaci in off-label, secondo un principio pienamente ripreso dall’art. 13 del Codice Deontologico Medico, che recita: “… il medico può prescrivere farmaci non ancora registrati o non autorizzati al commercio oppure per indicazioni o dosaggi non previsti dalla scheda tecnica, se la loro tollerabilità ed efficacia è scientificamente fondata ed i rischi sono proporzionati ai benefici attesi; in tali casi motiva l’attività, acquisisce il consenso informato scritto del paziente e valuta nel tempo gli effetti. … (passim, art. 13, revisione 2014)”.
Pertanto è nell’ordine naturale delle cose che – in un futuro più o meno prossimo – venga dall’AIFA riconosciuta la possibilità di somministrazione da parte dell’Odontoiatra dei farmaci a base di NTBa di uso specifico in Medicina Estetica.
Dott.Francesco Spatafora *