E’ stata finalmente pubblicata il 21 settembre l’attesa decisione della Corte di Giustizia Europea nella causa C-125/16 riguardante la possibilità per un Odontotecnico Maltese, qualificato nel Regno Unito come “Clinical Dental Technician” (impropriamente ma comunemente identificato in italiano anche come “odontoprotesista”) di esercitare questa professione nel proprio Paese in assenza di un riconoscimento formale della professione stessa.
Ricordiamo brevemente la principale motivazione del governo maltese per questo divieto: non è incompatibile con le regole del mercato Unico Europeo in quanto serve a garantire un elevato livello di protezione della salute pubblica, la cui difesa nei modi ritenuti più opportuni e proporzionati è diritto inalienabile di ogni stato membro dell’UE. Inoltre gli OTC non sarebbero qualificati per formulare le diagnosi preliminari alla programmazione di questo genere di trattamenti, e non sarebbero neppure competenti a supervisionare la gestione della riabilitazione orale, che può essere monitorata solo da un dentista pienamente qualificato.
Queste motivazioni sono state riprese ed ampliate nelle conclusioni dell’Avvocato Generale dell’Unione Europea Paolo Mengozzi di cui riportiamo solo uno stralcio significativo: “l’articolo 49 TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea) dev’essere interpretato nel senso che una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, la quale imponga agli odontotecnici di esercitare la loro professione sotto la supervisione dei dentisti, pur potendo rendere meno attraente l’esercizio della libertà di stabilimento per tale categoria di professionisti, persegue un obiettivo legittimo di tutela della salute pubblica, permette di garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non eccede quanto è necessario per raggiungerlo”.
Tutte queste argomentazioni sono state ovviamente condivise pienamente dalle rappresentanze professionali in Europa.
 Una intensa azione di difesa della professione odontoiatrica, e conseguentemente della salute dei cittadini europei, è stata posta dunque in essere dal Council of European Dentists presieduto dal nostro Marco Landi, unico organismo professionale a fornire in tempo utile un motivato parere legale in aiuto al governo Maltese, grazie al team internazionale di legali di dieci Paesi (Italia, Germania, Austria, Olanda, Portogallo, Spagna, Francia, Danimarca, Regno Unito e Irlanda) che stabilmente supporta l’attività politica del CED.
Anche alcuni governi europei, tra i quali quello italiano, hanno provveduto ad appoggiare in giudizio gli avvocati del Governo Maltese, ottenendo una decisione che è sostanzialmente in linea con le conclusioni dell’Avvocato Generale dell’Unione, favorevoli a non consentire l’esercizio della professione di Clinical Dental Technician al di fuori dei Paesi dove questa è consentita.
Riportiamo qui di seguito i passi salienti della decisione:
“62 Tenuto conto del rischio per la salute del paziente che inerisce a tutte le attività contemplate al punto 57 della presente sentenza, dell’importanza dell’obiettivo della tutela della salute pubblica, nonché del margine di discrezionalità, ricordato al punto 60 della presente sentenza, di cui dispongono gli Stati membri nell’attuazione del suddetto obiettivo, occorre constatare che, come rilevato dall’Avvocato Generale ai paragrafi da 26 a 30 delle sue conclusioni, il requisito dell’intermediazione obbligatoria di un dentista risulta idoneo a raggiungere l’obiettivo di cui sopra e non va oltre quanto è necessario a tale scopo”.
64 ….Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara: L’articolo 49 TFUE, l’articolo 4, paragrafo 1, e l’articolo 13, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, come modificata dalla direttiva 2013/55/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa di uno Stato membro, come quella controversa nel procedimento principale, la quale stabilisca che le attività di odontotecnico devono essere esercitate in collaborazione con un dentista, nella misura in cui tale requisito è applicabile, conformemente alla normativa suddetta, nei confronti di odontotecnici clinici che abbiano conseguito le loro qualifiche professionali in un altro Stato membro e che desiderino esercitare la propria professione nel primo Stato membro sopra citato.
Meritevole di ulteriore approfondimento è comunque una parte della decisione che potrebbe lasciare la porta aperta a successivi pronunciamenti “nel merito”, laddove si ricorda che i ricorrenti non hanno mai chiesto esplicitamente l’accesso parziale alla professione di dentista, anche se la Corte ritiene comunque giocoforza “non applicabile” l’articolo 4 septies della direttiva 2005/36 che prevede, a determinate condizioni, l’accesso parziale a un’attività professionale.
Ringraziamento per l’opera svolta dal CED e dal Dott. Marco Landi e soddisfazione per la decisione della Corte Europea sono stati espressi dal Presidente Nazionale Dott. Gianfranco Prada.
La Segreteria di Presidenza. |